Sabato
30 agosto 2008
Memoria del Beato Card. A.I. Schuster
Giornata dell’amicizia per i rapporti italo-libici
Di ritorno da Trivolzio dove il Patriarca di Venezia
Card.Scola ha unito in matrimonio due amici.
AMORE è qualcosa che se lo conosci, se diventa qualcuno e
non qualcosa, cioè se ti innamori, non ne scampi e ti
conquista. Quindi è un avvenimento di conoscenza, è un
avvenimento in cui conosci (è il titolo del prossimo
Meeting di Rimini, che sarà il XXX: La conoscenza è sempre
un avvenimento). Nell’avvenimento di oggi
l’amore stesso mi si è fatto conoscere un pochino.
Salutare il Card.Scola e regalargli due immagini di Carlo
Acutis, il ragazzo di Milano di cui parla il libro:
Eucaristia, la mia autostrada per il cielo (ci sono tante
autostrade, e oggi Italia e Libia hanno fatto un accordo
per fare un’autostrada che collega che collega Egitto
e Tunisia, passando per tutto il nord della Libia), è stato
come fare un pezzo della mia autostrada per il cielo. Ma la
realtà non è mai uguale alle immagini che te ne sei fatto
prima, e a quelle che ti fai dopo.
Piuttosto l’amore reale è come l’immersione nel
“mare calmo della sera” come dice un pezzo di
Andrea Bocelli, quando ti puoi abbandonare nella totale
sicurezza, perché sei sostenuto, come abbiamo fatto noi
qualche settimana fa nel mare di una spiaggetta di
Capitolo, fra Bari e Brindisi, sul far della sera. Dunque
ci sono esperienze in cui si fa una “conoscenza
d’amore”, quella che Dante comunica nella
poesia della vita come un viaggio “per lo gran mar
dell’essere”. Non è soltanto questione di
sentimenti soggettivi, ma dei sentimenti che nascono nel
rapporto con una “realtà reale” che si apre
davanti come un mare sconfinato. Allora la tua esperienza è
come la navigazione di una barchetta, ma sicura, non
destinata a perdersi, se avviene nella rotta
dell’amore. Allora è un assaggio , è una caparra di
una navigazione più grande, di una conoscenza sempre più
profonda, di un amore che non finisce più. Siamo fatti di
una natura tale che l’accesso alla realtà reale
avviene per mezzo di una conoscenza piccola, parte da un
punto e si realizza per via di dimensioni concentriche più
ampie verso un punto finale. Così è stato oggi a Trivolzio,
per chi c’è stato, per chi si è immerso
nell’avvenimento che c’è stato, quando al suono
delle campane di mezzogiorno Angelo Scola ha legato in
matrimonio due amici di Lecco, Matteo e Valentina, ed ha
terminato dicendo che: non possiamo uscire di qui, senza
sentirci addosso quello che abbiamo celebrato. Si, è stato
celebrato l’amore, quell’amore che Scola ha
chiamato “medicinale” che cura le ferite fatte
al “bell’amore”, al mistero bello che ci
godiamo nell’amore. Quanto abbiamo bisogno di questa
medicina, ha detto Scola, notando il fatto di trovarci
vicino alle spoglie del santo medico Riccardo Pampuri, che
riposa nella parrocchia di Trivolzio, in provincia di
Pavia. Quanto abbiamo bisogno di ricevere i frutti del Dono
Immenso di Dio: la Comunione dei Tre continuamente feconda,
da cui tutto proviene. E non può non essere fecondo ciò che
viene toccato dall’amore infinito di Dio.
Ecco che cos’è la Comunione: la pienezza di Bene in
noi che ci apparteniamo, perché apparteniamo a Lui e quindi
apparteniamo al Cristo Totale che è la Chiesa di tutti i
tempi in cielo e in terra, in cui la memoria attualizza il
momento fontale facendolo realizzare come seme che
continuamente genera, perché attirato dall’ escaton
di “felicità perfetta” a cui tutto tende. Ma
attenzione: questa vita, come un viaggio per lo gran mar
dell’essere comporta l’abbandono della via non
vera e di quelle immagini false (idoli) che non mantengono
quello che promettono (Purg. XXX, 130-132).
Ci sono momenti dolorosi, ci sono momenti di perdizione, ad
esempio quando dovessi accorgerti che non sai che
cos’è la fedeltà. E’ terribile, non c’è
da augurarlo a nessuno. O quando il tuo uomo, la tua donna
ti dice no, in modo che ti crolla tutto addosso. O quando
scompare chi ti è caro. Allora, in quei momenti, se certe
tue cose inconfessabili si trasformano in una musica che ti
dà pace, se dal male viene tirato fuori il bene, allora
vuol dire che c’è un amore diverso dalle nostre
misure, un amore smisurato, in-finito, al quale ti puoi
abbandonare perché è sicuro, come “il mare calmo
della sera”, come questo sabato sera, sono quasi le
18, e le orecchie del cuore possono sentire la musica di
questa pace. Ma ti rendi conto che si tratta di un dono che
vale per tutti, perché l’amore corrisponde alla
natura di ogni uomo del mercato globale, piccolo o grande
consumatore che sia. Così possono e “devono”
sentirlo tutti, compresi quei due ragazzi che poco fa (come
mi ha appena detto il Chicco in un sms dagli Usa) hanno
impegnato le forze dell’ordine, perché lui per
effetto di alcool e droga teneva in ostaggio lei in una
camera. Dunque, ci vuole questo “dono” che
abbiamo celebrato oggi, perché nessuno debba mai potere
dire: “vivere…nessuno ce l’ha mai
insegnato” (è un testo del cd di Bocelli che sto
ascoltando)… “io amo l’amore ma non la
gente” (come si fa?) “io che non sarò mai un
dio” (ma questa è la cifra della schizofrenia che
informa tutta la mentalità dominante di oggi). Allora
rispondo così all’sms: “quei due devono sentire
il mare calmo della sera (se lo sento io, possono sentirlo
tutti !) devono sentirlo in i-pod per sentirlo con le
orecchie del cuore, devono sentirlo, perché Dio è amore e
vuole che gli italiani lo facciano conoscere a
tutti”. Altrimenti perché siamo un popolo di artisti,
viaggiatori e santi ? Perché fra poco viene inaugurata una
copia esatta della Porziuncola di san Francesco di Assisi
in California? Certo, “vivere nessuno ce lo ha mai
insegnato”.
Può essere così per tanti, forse per quasi tutti. Continua
a cantare Boccelli: “ma se tu vedessi l’uomo
davanti al tuo portone, che dorme avvolto in un cartone, tu
che puoi creare con la tua voce, in mezzo ai pensieri della
gente… e poi di Dio c’è solo Dio… e non
si può vivere senza passato…” Ecco, la
questione della memoria è il nucleo dell’amore. Lo
dice l’uomo-Dio, Gesù Cristo ai suoi amici nel
momento decisivo: “fate questo in memoria di
me”. Che cosa significa oggi? Che cosa c’è da
fare? In realtà agli occhi di Dio, siamo tutti immersi nel
mare del suo amore, perché siamo immersi nel mare del
mistero di quella notte, quando è nato l’uomo-Dio.
Siamo tutti nel presepio, perché dopo la Pasqua, ogni
giorno è come la notte di Natale. E come quei poveracci dei
pastori, siamo tutti con-vocati in quel posto…dove
una luce illumina il cielo, e un esercito di angeli canta:
“gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra
agli uomini che lui ama”. Come Los Angeles che sembra
un presepio quando ci arrivi di notte in aereo, durante
l’atterraggio.
Com’è attuale la suggestione del presepio. Come sta a
cuore al parroco del mio paese, don Gerolamo qui a
Bareggio. Infatti nella memoria della Chiesa quel momento
continua. Come oggi a mezzogiorno, quando Scola ha legato
in matrimonio quei due nostri amici, momento unico di amore
che pesca nel momento d’amore sconfinato come il mare
(almeno sconfinato alle nostre misure), quando Dio
s’è rivestito della nostra natura umana, quando
s’è fatto uno di noi, incontrabile, visibile,
adorabile, quando è nato, e nascendo è entrato nella natura
umana e l’ha rivestita, ed ha abitato la città umana
(attente o guardie, dice il canto delle scolte di Assisi
che abbiamo cantato al matrimonio di oggi). E l’ha
sposata come Chiesa, perché l’escaton sia
pre-gustato, perché la figura finale è quella originale, e
sia modello della figura attuale. Tutto questo è dono,
perché è AMORE.