ALL’OPERA
SAN FRANCESCO PER RITROVARE LA DIGNITA’
Articolo di Alen Custovic – Avvenire Domenica 1
febbraio 2009
Una delle immagini di San Francesco d’Assisi più
impresse nella cultura popolare è quella in cui il
Poverello allarga le braccia in segno di accoglienza del
prossimo, spesso “ultimo”. Questo gesto da
allora in poi si ripete incessantemente nelle opere di
quanti seguono lo spirito tracciato dal santo. Come
all’opera San Francesco, una struttura con diverse
sedi sparse per la città, che gestisce servizi rivolti ai
bisognosi cercando di rispettarne in primis la dignità. Si
tratta soprattutto di persone, spesso volontari, che
aiutano altre persone, quelle che non hanno una casa dove
tornare la sera, o una famiglia che li accolga, che non ce
l’hanno fatta a raggiungere il traguardo di una vita
migliore e hanno giocoforza imparato a vivere per strasa,
sotto un ponte, nelle case abbandonate, accanto ai binari,
in baracche malandate o nei parchi della città.
“Qui mi curano” racconta Mohamed nordafricano
senza documenti. “Ho paura di andare in ospedale
perché ho sentito che i dottori mi segnalano alla polizia e
poi via a casa. Qui non mi chiedono nulla, mi aiutano, e
basta. Una volta sono arrivato che la testa mi scoppiava
perché mi faceva male un dente. Mi hanno curato e poi sono
stato meglio”. Mohamed è uno dei tanti stranieri che
fanno la fila per usufruire dei numerosi servizi del
Centro. Oltra alla mensa che sfama quotidianamente circa
2500 persone, le docce e la scuola di italiano, col tempo
sono stati attivati altri servizi: sportello lavoro,
ambulatorio medico, studio dentistico, dormitorio per
persona senza fissa dimora, consegna dei pasti ad anziani,
un autobus che la sera si sposta per la città per portare
the caldo, un pasto, indumenti e parole di speranza ai
senza tetto, poi c’è la comunitò di pronto intervento
e il centro residenziale per minori. Però non ci sono solo
immigrati come Mohamed che si avvalgono di questi preziosi
servizi. Sempre più ci sono anche italiani. “Basta un
niente – racconta il cinquantenne Roberto, barba
incolta e sguardo rassegnato – che dall’oggi al
domani ti ritrovi per strada. Compri una casa, accendo un
mutuo, e fai un investimento sbagliato. Poi tua moglie ti
lascia e perdi pure il lavoro. E’ quello che è
successo a me. Dopo di che mi hanno portato via la casa ed
è iniziato il tunnel dal quale non riesco ad uscire.
E’ come un cane che si morde la coda, per ogni cosa
che devo fare ce ne vuole un’altra che non ho.
E’ brutto a dirsi, ma per fortuna non ho figli,
altrimenti chissà come avrei fatto a tirarli su”.
Accanto a Roberto c’è la signora Irma, che potrebbe
essere sua madre: “alla mia età è impossibile
ricominciare. Se avessi 40 anni in meno – racconta
cercando di sorridere – saprei cosa fare. La verità è
che vivo in una casa popolare che va in malora. I figli
hanno i loro problemi e i soldi per una casa di cura non li
ho. Meno male che ci sono posti come questo, dove con 6
euro mangio per due mesi”. Un altro dei servizi
offerti dalla Fondazione, prezioso soprattutto col freddo,
è quello dell’unità mobile diurna: chiunque veda un
senzatetto per strada dalle 7 del mattino alle 8 di sera
può chiamare il numero 349.7658503 e attivare così
l’unità che raggiungerà la persona in difficoltà
cercando di aiutarla ed evitando che l’inverno mieta
nuove vittime. “Il nostro intento – commenta
padre Clemente Moriggi direttore delle opere della
Fondazione – è quello di garantire una mano tesa a
coloro che vivono in condizioni di forte disagio sociale,
il cui dramma più visibile è l’assenza di un posto al
coperto dove passare i rigori dei mesi freddi”.
Un altro importante servizio offerto è quello del
call-center per anziani over 60 (02-5560494), chiamando il
quale è possibile attivare la rete d’aiuto dei
custodi sociali. Da tutto ciò emerge dunque l’esempio
di una realtà caritatevole il cui intento va oltre la pura
assistenza (seppure fondamentale) ma che mira a dare alle
persone meno fortunate un percorso, che tende verso
l’integrazione sociale e lavorativa.