OMAGGIO A CLEMENTE REBORA
A 50 anni dalla morte di Clemente Rebora, poeta e
presbitero (Milano, 6 gennaio 1885 – Stresa, 1
novembre 1957), la sera del 29 novembre 2007, promosso dal
Centro Culturale di Milano, diretto dal Dr. Camillo
Fornasieri nella Sala San Marco della Basilica di San Marco
a Milano, s’è tenuto un momento di lettura meditata
delle sue poesie. A guidarci nella toccante rievocazione,
sono stati due conoscitori del mondo di Rebora: il Prof. E.
Borgna, illustre luminare della Psichiatria, e il Prof. D.
Peluso Docente delle Scuole Superiori.
Leggendo alcuni dei testi e rilevandone gli aspetti
connessi alla cultura novecentesca, Peluso ha ricordato un
tratto della sua figura, ben evidenziata nei Diari Intimi
del sacerdote, che scrive: “lo psichiatra a Reggio
definì il mio male: la mania dell’eterno”.
Senza dimenticare che nell’esperienza del poeta:
“c’è il silenzio di Dio davanti
all’orrore del male”. Si pensi al deserto della
Prima Guerra Mondiale, nonché alle roventi ricerche
esistenziali che portarono Rebora a farsi prete, e a
coltivare profondi rapporti con diversi artisti come
Montale, ed altri. “C’è un grido dentro: / Non
è per questo, non è per questo! / E così tutto rimanda / A
una segreta domanda … / Mentre ciascun si afferra /
A un suo ben che gli grida: addio!” Ma in mezzo al
deserto c’è un fiume di acqua viva, e così la realtà
quotidiana diventa il luogo in cui la verità si rivela.
Viene in mente il grido di Dio nell’Apocalisse:
“è caduta Babilonia ed è diventata covo di demoni,
carcere di ogni spirito immondo, carcere di ogni uccello
impuro e aborrito, carcere di ogni bestia immonda e
aborrita … perché tutte le nazioni hanno bevuto del
vino della sua sfrenata prostituzione, e i re della terra
si sono prostituiti con essa, e i mercanti della terra si
sono arricchiti del suo lusso sfrenato… uscite
popolo mio da Babilonia, e non associatevi ai suoi
peccati…”. Non sono i nostri tempi davvero
apocalittici ?
L’esperienza dell’infinito con la sua crescente
tensione esistenziale, cristiana ed escatologica, è stata
rinvenuta dal Prof. Borgna nella poesia di Rebora.
L’illustre psichiatra ha spiegato come
l’angoscia sia sorgente di creatività, ma la speranza
possa nascere nel cuore del dolore. Non sempre lo stato
d’animo del poeta si riflette nelle righe che
compone. Solo talvolta nei suoi versi si possono trovare
immagini sfolgoranti di una vita che la natura ha dotato di
sentimenti profondi. Ed anche in questo caso, il poeta può
rimanere puro spettatore di se stesso. “Il mio canto
è un sentimento / Che dal giorno affaticato / Le notturne
ore stancò: / E domandava la vita”.
Al sottoscritto è stato permesso di portare un piccolo
contributo, prendendo il microfono per fare presente il
messaggio che pochi giorni fa s’è potuto sentire
nella Basilica di San Marco a Venezia, dove il Card. Angelo
Scola ha parlato ai tanti giovani convenuti per la Festa
della Salute: “vi chiedo di imparare a dire: io. Fra
poco, mentre facciamo in assoluto silenzio il cammino che
ci porta alla Madonna della Salute, ciascuno di noi dica:
io. Lo dica fino in fondo”. Infatti, al prezzo di
questa radicale verità con se stessi, può succedere di fare
l’esperienza dell’amore: quando trovi colui al
quale puoi dire: tu, proprio come dici: io. Solo a questo
punto, tu ed io … sono la stessa identica cosa, si
vogliono sottomettere al mistero del loro amore, e così
svanisce la solitudine autistica che conduce non pochi
giovani al suicidio (a Milano ogni giorno due giovani si
suicidano). Che Dio ci renda capaci di questo.
“l’Angelo è lì. Forse l’atroce che
sedusse Eva? Non temer. Darai alla luce Gesù”
(Clemente Rebora, Annunciazione).