LETTERA IN MEMORIA DEL DR. GIONNI LONGONI


Domenica 3 Agosto 2014

Ciao Francesco, mentre parlavo con tua madre, mercoledi sera, cioè soltanto pochi giorni dopo la dipartita di tuo padre Gionni, mio fraterno amico da oltre vent’anni, collega e compagno di mezza vita, che amava confidarsi con me nelle lunghe conversazioni consumate insieme, pensavo alle cose che ci dicevamo, se possono valere qualcosa per la sua sposa e per i suoi figli, per i suoi colleghi, per chi gli ha voluto bene, per chi lo porta nel cuore.

E per prepararmi a scriverti questa lettera, ascoltavo un pezzo di Lorenzo Jovanotti, e ora ritrovo Gionni nelle parole de “la terra degli uomini”: “miliardi di pixel si infiammano, si muovono al ritmo di un battito, di un battito, di un battito” (permettimi di dirtelo: è il battere del cuore di Gesù, da cui fluisce tutto l’amore che fa battere tutti i cuori, anche di chi non lo sa, anche di chi non crede, ma si è visto un sera, e anch’io l’ho visto apertamente in mondovisione tv, la sera di Sabato 20 Agosto 2011, in un attimo che ha segnato la storia dell’umanità, Papa Ratzinger a Madrid ha consacrato tutti i giovani al Sacro Cuore di Gesù) …. e continua Jovanotti: “io vivo proprio nel mezzo della terra degli uomini, dove suona la musica, governa la tecnica, mi piace la plastica, si sperimenta la pratica, si forma la lacrima, dove suona la musica” ….

Francesco, posso dirti chi era per me tuo padre?

Tuo padre era un medico, come quei medici che si vorrebbero incontrare, perché bruciano dal desiderio di aiutarti, di fare qualcosa per te, anche se misurano la propria impotenza, quanto più forte è la carica di ideale, profonda la formazione culturale, strutturata la riflessione ideologica che anima la loro (nostra?) esistenza. Quanti scambi di parole fra di noi, votati al servizio pubblico, all’esistenza dello stato sociale, alle ragioni del bene comune. Gli avevano chiesto di entrare in politica. Non aveva voluto. Ma si teneva informato, e quando poteva, interloquiva con diverse figure istituzionali del paese.

Tuo padre era un uomo col cuore di un bambino. Anche nei momenti difficili, anche nei confronti più duri, prevaleva in lui la meraviglia dell’essere, e dunque la meraviglia di esserci, la capacità di abbandonarsi al mistero buono che fa tutte le cose, e che lui toccava nei volti di alcune persone, per prima la sua donna, la donna che Dio gli ha dato in dono per sempre. La camicia azzurra e il manuale di guardia medica, che appartenevano a lui, e che tua madre mi ha donato, dicono tanto di lui.

Tuo padre era un esperto dell’uomo, dell’uomo che studiava sui libri, dell’uomo che incontrava tutti i giorni nella professione, e col quale si misurava. Ciò lo abilitava a formulare giudizi con cognizione di causa, e gli rendeva attraente la Chiesa, che dell’uomo è una massima esperta, non dell’uomo pensato e basta, ma dell’uomo così comè, fatto di carne, abitato dall’infinito, destinato ad una comunione eterna con Dio. Ecco perché, mio caro Francesco, ho voglia di rivedere tuo padre, e continuare il discorso che abbiamo lasciato aperto, poco tempo fa.

Ciao
Fatti sentire