PER UNA
MEDICINA UMANISTICA
UN INVITO ALLA LETTURA DEL SAGGIO DI GIORGIO ISRAEL
Col suo testo: “Per Una Medicina Umanistica: Apologia
Di Una Medicina Che Curi I Malati Come Persone”,
Giorgio Israel si pone al crocevia delle questioni più
attuali del mondo contemporaneo. L’autore, già
Docente all’Alta Scuola di Scienze Sociali di Parigi,
oggi Docente Universitario a Roma e Storico delle Scienze,
oltrechè Consulente del Governo e Notista fra i più
illuminati, ci regala questo saggio prezioso, che ha
notevoli implicazioni nella prospettiva del pensiero
socio-politico. Chi ha assistito alla presentazione di
questo libro, che si è tenuta Giovedì 18 Marzo 2010 a Roma
col Prof. Di Segni, l’On. Roccella, la Dr.ssa Di
Cave, e l’Autore stesso, ha potuto apprezzare il
racconto di alcune esperienze personali che Giorgio Israel
ha offerto al pubblico, per meglio considerare il valore
dell’opera e l’attualità del suo messaggio.
Si tratta dell’immagine stessa di uomo che il nostro
tempo sembra ricordare poco, e comunque sembra dare per
scontata, fino a mettere in crisi la teoria e la prassi di
tutte le professioni umanistiche, ma ancor prima
l’intero assetto esistenziale e psico-sociale
dell’umanità contemporanea. Israel da acuto
intellettuale quale è, individua la traiettoria
epistemologica che ha portato all’attuale
riduzionismo materialistico, sia di tipo fisico-matematico
sia di tipo genetico, fino all’istaurazione di un
paradigma meccanicistico cibernetico, che risulta
funzionale ad una globalizzazione economica. La quale
dovrebbe essere pianificata dalla bio-politica, come nota
un altrettanto valido esperto di queste tematiche, come il
Prof. Francesco D’Agostino nella sua
“Introduzione della Biopolitica”, e dovrebbe
essere realizzata da un’organizzazione sanitaria che
medicalizza l’intera società, come nota un
Cattedratico di Medicina del Lavoro come il Prof. Giancarlo
Cesana nel suo testo: “Il Ministero della
Salute”.
Formulata questa diagnosi, Israel vede nel metodo clinico
l’approcio “personalistico” di tipo
“qualiquantitativo”, che può essere adottato
per la
rifondazione dello statuto conoscitivo della medicina, in
vista di un umanesimo dei nostri tempi. Per
avere solide basi, noi crediamo, questo approcio non può
che accompagnarsi al modello etico del personalismo
ontologico metafisicamente fondato (cfr. la mia Tesi di
Bioetica: Modello Personalistico nella Medicina Generale).
A questo riguardo Israel ricorda il concetto etico di
“scelta” (“elezione”) che nella
cultura biblica propria del mondo euro-americano, ha una
fondamentale valenza conoscitiva. Si dovrebbe dire che
“il metodo dell’elezione” è il metodo che
usa Dio stesso per farsi conoscere a tutti, perchè è il
metodo dell’amore fra le persone. La rifondazione
etica della medicina, dunque, si può realizzare
nell’orizzonte di questo umanesimo “esperto
dell’uomo”: un uomo visto nella profonda
contraddizione dovuta alla ferita che segna la sua natura
(la dottrina cattolica la definisce: vulnerata etiam in
naturalibus), tanto che si deve considerare l’uomo
come “ontologicamente malato”, ma capace di
percepire il suo strutturale rapporto con l’infinito,
come fonte dei suoi diritti e della sua dignità.
In questo quadro generale, va letto il saggio che Giorgio
Israel offre a chi ama l’uomo per quello che è, e non
per quello che dovrebbe essere. Così facendo, Israel
continua una riflessione profondamente sintonica al lavoro
dell’Associazione italiana di Medicina e Persona, che
l’ha ospitato in diversi momenti della sua storia, e
che costituzionalmente esiste proprio per
“mettere
il metodo clinico al centro della
medicina”,
e quindi per aiutare la politica a “mettere la
persona al centro”.
Infatti, in una prospettiva di medicina umanistica di
questo tipo, si pongono i gabinetti delle avanguardie
professionali, politiche ed economiche di alcuni governi,
che intendono assicurare una copertura del territorio per i
servizi di assistenza di base, per mezzo di presidi
definiti di “cure primarie”. Per questo, nella
nostra pubblica amministrazione,
si parla di “sistema universalistico”, e si
adotta il paradigma personalistico per
rispondere alle domande di assistenza, che vengono da una
società sempre più multinazionale, e sempre più interessata
dai processi di invecchiamento e cronicizzazione.
22 marzo 2010
Alen Pandolfi