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Un
uomo di Dio
di Enzo Bellini
Monsignor Villa ha molte relazioni in tutto il mondo: in
parte perché ha lavorato in ambienti come l'Università
Cattolica, che si direbbero fatti apposta per stabilire
vaste relazioni; ma soprattutto per la sua eccezionale
capacità di accostamento, per cui più volte da una semplice
conversazione intrapresa durante un viaggio in treno è nato
un rapporto di
amicizia profonda.
Questa sua apertura verso tutte le persone che incontra,
gli deriva senza dubbio dalla vocazione missionaria,
avvertita a quindici anni. Fu accolto tra i missionari di
Verona, ma dovette ritornare nel Seminario diocesano,
perchè il medico giudicò la sua salute non adatta a vivere
in Africa. Non potette raggiungere il suo sogno, ma
l'atteggiamento del
missionario,
che cerca di agganciare chiunque, gli è rimasto. E il suo
desiderio è stato esaudito in un modo tutto particolare. È
divenuto missionario tra i giovani ed è riuscito, con la
grazia di Dio, a predicare il Vangelo a molti che, divenuti
adulti, si tengono in stretta relazione con lui. Ce ne sono
che vengono a trovarlo dal Belgio, dalla Germania e dagli
Stati Uniti: oltre che dall'Italia e da altri paesi
dell'Europa. Vasta
rete di relazioni
anche per le diverse categorie di persone che gli sono
amiche: uomini politici, universitari e grandi prelati, ma
anche preti di campagna e semplici operai; uomini di grande
spiritualità, come Frère Etienne, Abate di Orval, ma anche
uomini di altre religioni o addirittura non credenti.
Eppure chi lo conosce da vicino può riconoscere
perfettamente in lui la fisionomia del
prete ambrosiano.
Basta lasciarlo parlare, lasciargli rievocare i momenti più
salienti e significativi della sua vita. A cominciare dalla
sua parrocchia di Gorgonzola e dalla sua famiglia lì
profondamente radicata.
Dotato di
fine umorismo,
gli piace ricordare il suo paese natale e le sue umili
origini. Della sua famiglia ricorda le solide tradizioni
religiose, la fede solida formata nella catechesi della
domenica pomeriggio e nelle lunghe prediche dei parroci di
una volta. La fede del tempo antico, che trovava la sua
espressione nella fatica di tutti i giorni e nella festa
della domenica. Della parrocchia ricorda i preti conosciuti
da ragazzo, specie Don Ercole, l'assistente dell'oratorio
che morì giovane. Sapeva predicare tanto bene la gravità e
il danno del peccato e poco prima di morire ripeteva nel
delirio le parole di Sant'Alfonso: «Chi prega si salva, chi
non prega si danna». Erano uomini formati alla solida
spiritualità post-tridentina, che predicava la
gratuità del dono di Dio
ed educava, congiuntamente, alla fiducia e al timore. E poi
la fede del popolo e i grandi silenzi della campagna, ai
quali attribuisce il sorgere della vocazione missionaria.
Questo attaccamento al suo paese si esprime nel suo
ritornarvi ogni volta che c'è qualcosa di particolare, come
la festa dei coscritti, che lo invitano a celebrare la
Messa e a pranzo con loro, o, più spesso, per partecipare a
qualche lutto: dove, quasi sempre, tocca a lui interpretare
il dolore di tutti.
Ambrosiano dunque perchè radicato in una terra tipicamente
milanese; ma anche perché profondamente affezionato alla
sua Chiesa locale e alle sue tradizioni. Durante l'anno
passato a Seveso come
direttore spirituale
del Seminario ginnasiale, si dedicò allo studio di
Sant'Ambrogio con vaste e approfondite letture; ma coltivò
e coltiva tuttora un vivo interesse per la storia della
diocesi: per San Carlo in particolare e per tanti aspetti
della storia locale recente. Ricorda tanti preti di paesi,
dai quali dice di avere imparato molto: come Don Carlo
Tavella, parroco di Casterno, con il quale strinse una
profonda amicizia nel suo primo anno di sacerdozio,
quand'era coadiutore a Boffalora. Appena arrivato a San
Maria Segreta si è molto interessato alla storia della
«sua» Chiesa, la più antica Chiesa di Milano dedicata alla
Madonna, ed ha aiutato sensibilmente le RR. Suore
Marcelline per far progredire la causa di beatificazione
del loro fondatore mons. Luigi Biraghi, che è un grande
prete ambrosiano.
Ma l'ambrosianità è anche uno
stile pastorale:
che non si vuol contrapporre ad altri stili, ma
semplicemente conservare il valore di una esperienza
plurisecolare. Uno stile non facile da definire: più
vissuto che teorizzato. Per capirlo occorre frequentare e
conoscere da vicino i Seminari diocesani, i Padri
Missionari di Rho e il clero in cura d'anime. Tanto per
indicarlo con alcune parole, esso si potrebbe definire la
pastorale delle cose comuni, fondata sull'affiatamento e la
collaborazione tra preti. Ovviamente l’altra parte
(lo spirito di preghiera, lo studio, la obbedienza al
vescovo, la castità) è supposta. Ma il carattere distintivo
è quello. Nei Seminari si sempre è raccomandato di badare
all'essenziale: la santificazione della festa con prediche
concrete e brevi, la formazione dei bambini e dei ragazzi e
ragazze negli oratori, l'assistenza religiosa degli
ammalati, l'attenzione ai bisogni anche materiali del
popolo. Dal loro canto i Padri di Rho nella predicazione al
clero raccomandano la fedeltà e la continuità e nelle
missioni al popolo parlano con linguaggio estremamente
concreto e trattano con grande cordialità.
Da qui la proposta di un
ideale cristiano
robusto, ma equilibrato, che impegna senza scoraggiare,
alieno dall'imporre qualcosa più del necessario. Stiamo
attenti - diceva un grande prevosto di Saronno - a non
imporre più del necessario. Se potessi, i comandamenti di
Dio li ridurrei a nove. Ma non potendo far questo (perche
sono dieci), mi guarderò bene da farli diventare undici. E
così questi preti ambrosiani non disdegnano di trovarsi a
tavola, dopo l'Ufficio generale, a passare un'ora in serena
compagnia. Preti che lavorano, ma senza farlo pesare: che,
quando sono stanchi, non hanno perso il gusto della battuta
e la capacità di scherzare. Preti che sanno pregare senza
ostentazione, o compatire con discrezione e aiutare con i
fatti, senza tante parole.
Al di fuori degli schemi, l' «ambrosianità» di Mons Villa
si esprime nel gusto e nella
ricerca dell'essenziale.
Cosi alla Cattolica, cosi a S. Maria Segreta.
All'Università Cattolica era semplicemente il direttore
spirituale e l'amico degli studenti. Per i bisogni
materiali aveva costituito un ufficio, dove si poteva
rivolgere chiunque per qualunque aiuto; per l'assistenza
spirituale era a disposizione di tutti dalla mattina alla
sera. Tutto qui. Molto potrebbero dire le due segretarie,
che gli furono vicino per tanti anni, e gli studenti (molti
divenuti oggi personalità di primo piano nel mondo
accademico, politico ed ecclesiastico) che hanno ricevuto
molto, anche materialmente dall' attenzione di Padre Villa.
Un metodo analogo segue in parrocchia. La sua capacità di
comprendere i
segni dei tempi
è indiscutibile: o meglio, è eccezionale. Durante la guerra
diffondeva, in ciclostilati i discorsi di Monsignor Von
Galen, vescovo di Munster, e credeva a quelle parole tra
l'incredulità di molti; nel 1955 auspicava un Concilio
ecumenico; nel 1934 aveva auspicato, da lettore
appassionato di Antonio Rosmini, la introduzione
dell'italiano nella liturgia. Come, da direttore spirituale
dei giovani, si era sforzato di collocare il problema della
castità al giusto posto e nella giusta luce. Perchè
il fine della legge è l'amore.
Ma appunto per questo oggi si sente libero di denunciare le
mistificazioni nel campo della liturgia e la «nuova» etica
sessuale o i nuovi movimenti politici che si presentano
come fattori del benessere e della pace, ma in realtà
scardinano i valori morali e religiosi fondamentali.
Il suo metodo pastorale mira all' essenziale, a cominciare
dalla custodia del patrimonio della parrocchia. La chiesa e
gli edifici annessi sono custoditi con molta cura: è un
senso di rispetto verso i fedeli e di responsabilità di
fronte alla Chiesa. Altro segno di concretezza è la
conoscenza diretta della parrocchia. Ogni anno Monsignore
visita personalmente quasi metà delle famiglie, segue gli
sposi e molti ammalati. Se sta nel confessionale meno di
quanto vorrebbe, è perchè si trattiene a lungo nel suo
studio ad ascoltare confidenze e assolvere.
Le funzioni religiose, a cominciare dalla celebrazione
della Messa, si svolgono con dignità e misura. In
particolare, in questi anni difficili del post-Concilio,
nonostante parecchie difficoltà particolari di vario
genere, la parrocchia non è stata minimamente compromessa,
pur essendo estremamente aperta ai più diversi movimenti,
purche di ispirazione autenticamente cristiana, nella linea
del sano pluralismo.
Ci auguriamo che con questo stesso spirito continui a
guidare la parrocchia, con la collaborazione di
tutti.