L’INVECCHIAMENTO: PERCHE’ LA PERSONA E’ DONO?
Conferenze a Romano Banco
Grazie a diverse realtà che operano sul nostro territorio, ha preso il via una serie di conferenze dedicate ad un argomento che interessa il vivere quotidiano di ognuno di noi: l’invecchiamento.
Il parroco don Maurizio Braga ha proposto una riflessione, aiutato dai testi di Romano Guardini, uno scrittore che ha influenzato diverse figure istituzionali della storia moderna, con riguardo ai rapporti della Chiesa con i nostri tempi (basti rileggere opere come “Lo spirito della liturgia”, e “L’essenza del cristianesimo”). Ma forse l’area di interesse che più ha segnato l’opera di Guardini, è il tema della “persona umana”, che il Concilio definisce “corpore et anima unus”.
Per una fortunata convergenza, Giovedì 18 Aprile u.s. al Policlinico di Milano, il Card. Angelo Scola, che dell’Ospedale è anche Parroco, ha riproposto a tutti lo stesso passaggio del Concilio che dà la definizione di persona umana (corpore et anima unus), ritrovandola come elemento comune di intesa fra le istituzioni, per riconoscerci tutti uguali, se pure diversi fra di noi, dunque dotati di una dignità che fonda la pacifica convivenza (c’è da stabilire un collegamento fra questo messaggio e la visita del Card. Scola qui a Romano Banco fra pochi mesi).
Si può capire che parliamo di un argomento di portata epocale, e nello stesso tempo proprio di tutti noi, anche di chi non crede, pur potendo pensare che la fede accende una conoscenza, che la ragione da sola non farebbe amare, cioè il fatto che “la persona è dono”.
Infatti, ciò che potrebbe sembrare un’affermazione teorica, dotata di evidenza propria, come dire “mia mamma mi vuole bene”, se non fosse dato da conoscere grazie a un evento reale nella propria vita (anche per chi non ha avuto una famiglia normale, ed è stato amato da genitori adottivi, uguali e diversi fra di loro, segni dell’unico amore di Dio), come potrebbe esserci la pace fra i popoli? In altre parole, può una persona, specialmente se vecchia e non credente, sentirsi dono, come dice il Salmo: “sono tranquillo e sereno come un bambino in braccio a sua madre”?
A questo punto, si potrebbe anche dire che la cura consiste nel nutrire la memoria di chi amiamo, e non è più fisicamente qui, ma è diversamente presente, perché la memoria è amore che conosce la morte. E lo si impara visitando le tombe dei propri cari trapassati. Allora, c’è una corrispondenza fra questa “concezione personalistica” (struttura antropologica universale) e il messaggio della fede cattolica, cioè universale, che parla al cuore di ogni uomo.
Giovedì 9 Maggio 2013
Alen Pandolfi – Medicina Generale
www.aleluja.info